
Alta, slanciata, con il seno piccolo ma perfetto, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle. Non era esattamente una bellezza, ma aveva un suo fascino tutto particolare:
come muoveva le mani affusolate senza gesticolare appena, il modo di inclinare la testa guardandoti negli occhi come per capire meglio quello che le si diceva. Lavoravano come interni nello stesso laboratorio dell'Istituto Chimico.
Quel giorno Francesca sembrava distratta, preoccupata.
“Che ti succede, Francesca?” chiese lui.
“Scusami, ma oggi non ci sto con la testa...”
“Sì, può capitare , ma non dimenticare che tra pochi mesi abbiamo gli esami di laurea...Senti, ti faccio una proposta: continuare così non serve né al lavoro, e sai quanto ci tenga il Prof, né a nessuno. Smettiamo, per oggi. Ci prendiamo un caffè al bar di fronte, e ti riaccompagno a casa. Se vuoi, puoi raccontarmi cosa ti succede...Siamo amici, no?”
Il bar era pieno come sempre: generazioni di studenti erano passati e continuavano a passare da lì a prendersi un caffè tra una lezione e l'altra, o a mangiare un veloce panino durante lo spacco del mezzogiorno.
“I proprietari di questo bar si sono fatti milionari con i nostri caffè!” commentò lei.
“Hanno avuto naso e scelto il posto giusto!”
Presero il caffè, poi risalirono per via Mezzocannone poi, girando a destra, proseguirono per Via Tribunali.
“Sembra incredibile che per questa strada passeggiasse il Boccaccio tanti secoli fa!”
Francesca viveva con i genitori in un vecchio palazzone signorile del settecento che, in tempi relativamente recenti, era stato diviso in tanti appartamenti individuali. L'entrata, sulla stretta strada di Tribunali, era un arco altissimo da cui pendeva un gran lampione, un tempo a gas ora elettrico. A ricordo delle passate glorie era rimasta, al centro dell'ampio cortile circondato dalle scale e dai lunghi pianerottoli, un'enorme scultura in terracotta di una testa di cavallo.
“Quell'idiota di Guglielmo mi ha lasciato...” disse lei, alla fine.
“Idiota veramente! - commentò lui – Come si fa a lasciare una ragazza come te?”
“Lascia perdere i complimenti! Il fatto è che mi chiedeva cose per cui non mi sento ancora preparata.”
“L'amore platonico non esiste. L'amore è anche sesso.”
“Sì, ma nello stato d'animo corretto, con un coinvolgimento completo, una compenetrazione totale. Ed io, in questo momento, non mi trovo nelle condizioni giuste.”
“Forse Guglielmo non era la persona giusta.”
“Se Guglielmo cerca un'ora di passione e dopo non ti conosco, ci sono decine di
ragazze nella facoltà che potrebbero anche accettarlo. Ma io no.”
“Ti capisco. Cechi una relazione stabile. Ma non ti sembra che, per questo, sia un po` presto?”
“Per niente! Mia madre si fidanzò alla mia età, e si è sposata con l'uomo che amava dopo ben sei anni di fidanzamento! Ed è arrivata vergine all'altare.”
“Altri tempi...”
“Voi dire che sono un'illusa, una imperdonabile romantica?”
“No, ma oggi la vita è cambiata, e lo sai benissimo anche tu.”
“La ricordi la canzone dei '60 che cantava Rita Pavone? 'Non ho l'età...lascia che io viva un amore romantico, nell'attesa che venga quel giorno. Ma ora no...' Be`, sarò una stupida, ma mi sembra che queste parole si adattino perfettamente alla mia personalità.”
“Fortunato l'umo che riesca a conquistare il tuo cuore! Ti ammiro, Francesca!”
Sorrise. “Ti lascio. Ci vediamo domani in laboratorio”
Si dettero la mano ma, improvvisamente, Francesca lo abbracciò, mormorando “Grazie! Sei un amico!”
Lui non aveva mai creduto nell'amicizia tra una donna ed un uomo. E, in più, doveva ammettere che Francesca gli piaceva. Ma si rendeva conto della sua fragilità in quel momento e pensò che sarebbe stato vigliacco da parte sua approfittarne.
Si laurearono quell'estate: Francesca cum laude, lui dovette accontentarsi di un voto un poco più modesto.
Pochi mesi dopo, era su di un aereo che lo avrebbe portato a Milano, prima tappa di un viaggio, inseguendo un lavoro, che lo avrebbe portato fuori d'Italia, in paesi lontani e così differenti dalla sua amata Napoli.
Molti anni dopo, tornò a Napoli, all'Istituto Chimico dell'Università per vedere al suo antico professore di Chimica Generale e relatore della sua tesi di laurea. E la rincontrò: aveva raggiunto quell'età in cui le donne fioriscono, e gli sembrò stupenda.
“Ciao, Francesca, come stai?”
“Tu? Da quanti anni! Dieci?”
“Più o meno.”
“E dove ti eri cacciato? Ti ho odiato, sai? Né una cartolina, né una telefonata...”
“Sono stato in giro per il mondo, inseguendo il mio sogno di ricercatore. Ma niente: sempre in impianti di produzione, o in laboratori do Controllo Qualità, la routine più anonima e priva di qualunque soddisfazione professionale.”
“E che ci fai qui?”
“Sono venuto a parlare con il Prof, a presentargli un articolo che ho pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica americana. È un lavoro teorico sulla fabbricazione di fibre tessili di poliammide, che sarebbe utile verificare sperimentalmente con una apposita linea di ricerca.”
“Che ti ha detto, il vecchio?”
“Che non era nella sua linea di investigazione...”
“E tu, che?”
“Qui, noi, a lottare per il vil denaro...Oggi ti avrebbero cacciato a pedate al primo pallone di vetro che ti scappava di mano e si frantumava al suolo! Il CNR si è trasferito ad Arcofelice, e si è portato con sé, oltre ai migliori cervelli, i fondi statali.”
“Se sposata?”
“Sì, con la chimica...E tu?”
“Troppo sempre in viaggio, per potermi sposare...”
“E il vecchio che dice?”
“Sempre uguale. Sempre più nell'empireo dei suoi studi di cristallografia, sperando, anche se non lo dice, di ricevere il secondo Premio Nobel, dopo quello del suo mentore Giulio Natta, quando era a Milano...”
“Sai come si dice: il buon chimico è come il buon vino, migliora con gli anni.”
“Ho un'idea: perché non aspetti che finisca qui, andiamo a casa mia, ci prendiamo un bicchiere di whisky o una coppa di cognac, e brindiamo al rincontro?”
“Vivi sempre con la testa di cavallo?”
“Ahahah! Si, ma sola: i miei mi hanno lasciato in questi ultimi anni.”
“Allora andiamo!”
Si sposarono qualche mese dopo.
“E vissero felici e contenti?”
Ahimè, no. Ma questa è un'altra storia...
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