domenica 23 ottobre 2011

KRISTEL (La vichinga venuta dal gelo)



Alberto fu svegliato dallo squillo insistente del campanello della porta. Guardò l'orologio: le nove della mattina. Aprì la porta di malumore.
“Puon ciorno, amico mio dormiglione!”
“Kristel! Che fai qui? È l'alba!”
“Nein, mein liebe! Sono già le nove. Se davvero mi vuoi portare a Pompei, è meglio che ci muoviamo.”
“OK, dammi il tempo di farmi una doccia e ce mettiamo in cammino.”
Kristel gettò ad un lato i sandaletti aperti e, scalza, si sdraiò sul sofà,, con un paio di shorts bianchi cortissimi che scoprivano le lunghe gambe affusolate, una t-shirt azzurra attillata che le modellava perfettamente il busto, i corti capelli biondissimi sciolti sulle spalle, e aspettò che lui uscisse dalla doccia.
Era arrivata da qualche mese addietro, dalla sua città natale, Francoforte, come inviata freelancer di una rivista locale per la quale curava una pagina di viaggi e trismo. Francoforte: una città grigia, nel nord della Germania, sulle rive del fiume Meno. Arrivata a Napoli, si era innamorata del cielo azzurro, del mare blu, della gente aperta e cordiale, e, perché no?, della cucina e della pizza, ed era riuscita a convincere la direzione della rivista perché la destinassero nella capitale partenopea per un tempo indeterminato, per preparare una serie di “servizi” sul turismo nel sud d'Italia.
L'incontro con Alberto era stato casuale: stava fotografando la mole del Castel dell'Ovo dal lungomare di Santa Lucia, e lui le si era avvicinato, con uno smagliante sorriso di denti bianchissimi.
“Fraulein (signorina)?”
“Ya...Sprechen Sie deutche (Parla tedesco)?”
“Nur ein bissen...Sprechen Sie Italienisch (solo un poco...Lei parla italiano)”
Lei rise: “Nur ein ganz wenig (solo MOLTO poco)”
“Be', in qualche modo ci capiremo!”
Le raccontò la leggenda dell'uovo nascosto nelle fondamenta del castello, la cui rottura avrebbe provocato il crollo della fortezza e grandi sciagure per tutto il regno.
Lei gli raccontò come si trovasse lì per un servizio per la rivista con cui collaborava, lui si offrì come guida gratuita per mostrarle tutti i posti interessanti dei dintorni e Kristel accettò con piacere. Un aiuto insperato che sicuramente le avrebbe consentito fare il servizio della sua vita.
Visitarono il Maschio Angioino, pranzarono con gusto alla “Zi' Teresa”, poi San Martino, Capodimonte, i Camaldoli., e, per cena, pizza nella pizzeria Trianon, nel quartiere popolare di Forcella.
“E domani, Pompei....” Propose lui.
“Wunderbar (meraviglioso)!” accettò Kristel, entusiasta.
Scesero in garage. Alberto tolse la capotte alla sua sportiva rossa, e si diressero,
lottando contro il perenne traffico napoletano, all'autostrada, in direzione sud.
“Hai già fatto colazione? chiese lui.
“Colazione? Was ist das (cos'è)?”
“Colazione, fürstuck”
“Ah, no, non ancora...”
Fermarono al moderno motel della Pavesi, a pochi chilometri prima dell'uscita di Pompei. Fecero rapidamente colazione e poi, senza altre soste, il breve tratto restante fino a Pompei.
Kristel si guardava attorno affascinato: le vecchie stradina lastricate, con i tre blocchi di pietra per attraversarle quando pioveva, il forno, o il negozio di cereali, con i tre grandi otri di terracotta, le cui bocche apparivano dal banco di marmo, mentre le pance rimanevano nascoste da un muretto, gli affreschi, i mosaici, i verdi giardini interni con l'immancabile impluvium per raccogliere l'acqua piovana...Ogni cosa, ogni dettaglio, era per lei fonte di meraviglia ed ammirazione. La sua macchina fotografica non smetteva di sommare immagini ad immagini. Queste piccole cose della vita quotidiana degli antichi abitanti di Pompei, rimaste come congelate in un silenzio ed una immobilità secolare, ma ancora vive come se l'ultimo abitante se ne fosse andato, per qualche ragione ignota, solo ieri, la affascinavano più di quanto non lo avessero fatto il foro, o il teatro a gradinate fuori delle maura, o i resti dei templi: cose simili si trovano sparse un po' dappertutto laddove fossero arrivate le aquile imperiali di Roma, ma la Pompei della gente comune, con le sue case a due piani, i suoi negozi e, perché no?, il suo lupanare erano veramente una meravigliosa scoperta per Kristel.
Ma quello che più la colpì, furono i calchi di gesso delle vittime dell'eruzione, conservati nel piccolo museo degli scavi.
“Cosa sono questi calchi?”, chiese.
“Sono, appunto, calchi dei corpi che sono stati ritrovati durante gli scavi” rispose Alberto.
“Corpi? Cadaveri? Ma non sono stai inceneriti dalla lava?”
“No, vedi, ed è per questo che Pompei è unica al mondo: non fu sepolta dalla lava, come successe alla vicina Ercolano nella stessa eruzione del 71. Pompei fu sepolta dalla cenere vulcanica. Sicché quelli che morirono asfissiati dai gas letali che copersero la zona, rimasero intrappolati in una specie di sarcofago di ceneri incandescenti. Quando si cominciarono gli scavi, in epoca moderna, gli archeologi notarono queste cavità che i cadaveri avevano lasciato al decomporsi, e le riempirono con gesso. Togliendo poi con cautela la cenere di torno, quando il gesso si fosse solidificato, rimasero i calchi che vedi qui.”
“Incredibile!”
Mangiarono qualcosa nel ristorante degli scavi.
“Ho voglia di mare e di sole...” disse Kristel.
Ripresero quindi la macchina, de Alberto la portò ad Agropoli.
Arrivati alla spiaggia, Kristel si sfilò rapidamente gli shorts e la maglietta, e rimase in topless ed un minuscolo tanga brasiliano. Alberto ammirò la splendida figura della ragazza mentre sguazzava sulla riva della spiaggia prima di tuffarsi per una lunga nuotata, e capì che la desiderava ardentemente. Scattò molte foto di lei col cellulare,
per avere un ricordo tangibile di quella inaspettata, splendida giornata. Ma la giornata non era ancora terminata, almeno nelle intenzioni di Kristel.
Rientrarono a Napoli che era già notte.
“Ti accompagno all'albergo.”
“Albergo? Ma nooo! Ho voglia di discoteca!”
Andarono al “Rosso e Nero”: una fantasmagoria di luci stroboscopiche rompeva la semioscurità del locale, mentre un DJ pinchava musica dal ritmo esasperato. La pista era piena di corpi che ondeggiavano come ebbri, muovendo gambe e braccia alzate al ritmo della musica. No, pensò Alberto, quella non era musica!..
Però Kristel si sentiva perfettamente a suo agio. Lui la osservava dimenarsi al ritmo di quel frastuono, mentre, seduto su di un alto sgabello davanti al bar, beveva lentamente un whisky and soda son molto ghiaccio. Ammirò la voglia di vivere di Kristel.
La mattina seguente, Alberto fu svegliato dallo squillo insistente del campanello della porta. Guardò l'orologio: le nove della mattina. Aprì la porta di malumore.
“Puon ciorno, amico mio dormiglione!”
Era Kristel: si era presentata con un enorme valigione con le rotelline.
“Di partenza?” chiese lui.
“No, di trasloco” rispose con un timido sorriso e gli occhi bassi “vengo a vivere qui con te. Ho mandato via Internet le foto alla redazione, e mi hanno proposto un contatto formale per una serie di servizi. Non ti dispiace, vero?”
“Macché! Sono felice! Ma...fino a quando?”
“Per tutta la vita...o fino a che il destino non ci separi...”
Lui la abbracciò e le dette il primo, tanto desiderato, lungo bacio.

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