
Sulla strada principale di Sesto San Giovanni, a pochi chilometri da Milano, si trovava il negozio di abbigliamento infantile di Amanda.
Amanda era una negretta brasiliana tutta pepe: snella, alta, ben formata, avrà avuto non più di venticinque anni. E proprio nel suo negozio l'aveva conosciuta, perché Tina, sua moglie, era cliente e comprava lì i vestitini per il figlio Luca. Le due ragazze avevano fatto subito amicizia: coetanee, tutte e due lontane dal loro paese (Tina era napoletana), tutte e due non adattate al clima ed allo smog di Sesto, e vittime dell'implacabile xenofobia dei milanesi. Spesso, al rientro dal lavoro, lui la andava a prendere Tina, che passava molto tempo lì nel negozio chiacchierando con la brasiliana.
Amanda era “l'amica del cuore” di un industrialotto tessile tedesco, Karl, che aveva una fabbrica nell'hinterland milanese. Le aveva aperto il negozio, le aveva fatto un figlio, Fritz, e, presumibilmente, la aiutava economicamente, giacché il negozio non aveva poi questa grande clientela, ma non sembrava avesse affatto intenzione di divorziare dalla moglie legittima.
“Mio Karl (così lo chiamava Amanda), cena sempre a casa mia. Solo mangia bistecca ai ferri, un quarto di chilo di bistecca...”
Una sera, andato come al solito a riprendere Tina, trovò Amanda in lacrime.
“È scomparso! Mio Karl è scomparso, svanito nel nulla! L'altra sera ha cenato come sempre con me ..”
“Come sempre bisteccone ai ferri, vero?” ridacchiò lui.
“Certo, ma poi non l'ho visto più. Non risponde al telefono, non si fa vedere, ieri sera non è venuto a cena...”
“Magari avrà avuto voglia di mangiare pesce, o pollo chissà.”
“Non mi prendere in giro! Non è il momento. Sono distrutta!”
Mio Karl, pensò lui, che era un quarantone quadrato e corpulento (ottanta chili, per lo meno) aveva sentito voglia di soddisfare qualche altro appetito, oltre che quello di qualche buon piatto cucinato a dovere... ma né lui né Tina ebbero il coraggio di far riflettere Amanda su quella possibilità.
“Magari sarà andato fuori Milano per affari.”
“No, no! Me lo avrebbe detto!”
“Magari sta a letto con l'influenza. Capirai che da casa sua non ti chiami!”
“Adesso dovrò pensare seriamente a che fare. Sono nata in una favela di Rio, e non ho nessuna voglia di ritornare lì!”
“Vendi il negozio, è di tua proprietà, vero?, metti un gran cartello di 'SALDI', con prezzi stracciati, e cercati un lavoro: Milano non è forse la città del lavoro? Ma adesso chiudi, vattene a casa, fatti una doccia e riposati. Pensa a tuo figlio, che di tutto questo non ha nessuna colpa. E domani, che è sabato, ce ne andiamo tutti e cinque a fare una bella passeggiata sul lago di Como.”
Amanda si lasciò convincere senza grandi difficoltà.
“Ci sentiamo domattina per metterci d'accordo sui dettagli.”
“Perché non fai una cosa - suggerì Tina – vieni a casa nostra a metà mattinata (sai che viviamo qui a due passi) pranziamo insieme e poi, via!, al lago.”
Tina aveva preparato gnocchi alla romana, rollè di pollo al forno e profiterol di cioccolato. Mangiarono con gusto. Un caffè, una sigaretta, e via...
Arrivarono a Lecco, sulle rive del manzoniano “ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno”, nel tardo pomeriggio. Passeggiarono per il lungolago alberato, i due piccoli, Luca e Fritz, correndo avanti e indietro davanti a loro. La imponente mole del Resegone, con le sue sette cime aguzze, si stagliava alla loro destra, brillante, illuminato dai raggi del sole già basso sull'orizzonte di ponente. Sulla riva del lago, alcune barche, tra cui una di quelle tipiche con gli archi di legno per sostenere un tendone, tirate in secco sulla spiaggia.
“Il lago è stupendo” commentò Amanda.
“Sì, ma non è il mare...” sospirò lui. Ricordò con nostalgia quella pozzanghera che chiamavano il “Lago di Lucrino”, a pochi chilometri ad ovest di Napoli ed a poche centinaia di metri dall'omonima spiaggia dove lui, da giovane, passava l'estate con la sua comitiva.
Presero la via del ritorno che il sole era già tramontato dietro le montagne ed aveva tinto di brillanti colori rosso ed oro gli sfilacci di nuvole nel cielo azzurro cupo. Ricordò il famoso errore, o, se si vuole, licenza poetica del Carducci: “Il sol ridea calando dietro il Resegone...”, cosa impossibile, come ben si sa, giacché il Resegone si trova ad est del lago...
“Addio monti sorgenti dalle acque ed elevati al cielo...” mormorò Tina.
“Che dici?” chiese Amanda.
“ Niente, vecchi ricordi di scuola...”
Amanda aveva seguito il suo consiglio e, non solo aveva venduto il locale, ma anche l'attività ad una signora di mezz'età. Con la nuova proprietaria, anche l'età dei piccoli clienti era aumentata fino all'età scolastica. Nemmeno la vetrina era più la stessa: dalla sobria eleganza quasi spartana di Amanda era passata ad un cumulo disordinato di capi, con due orrendi manichini, un bambino ed una bambina, a grandezza naturale.
Amanda era sparita.
Ricomparve qualche anno dopo, un secondo marmocchio in braccio, uno stupendo bambino color caffellatte con grandi occhioni neri e brillanti.
“Quanto tempo! Dove ti eri cacciata?”
“Avevi ragione, Milano è la città del lavoro! Con il gruzzoletto della vendita del negozio ho potuto sopravvivere fino a che non ho trovato qualcosa. Ora sono commessa nel reparto di abbigliamento infantile in un grande magazzino a Lambrate.”
“E il marmocchio?”
“È figlio del mio nuovo compagno, Ugo, che è il mio caporeparto. È vostro compaesano, è calabrese!”
Lui sorrise: a Milano, tutti quelli che venivano dal sud erano napoletani. Scambiò un'occhiata complice con Tina: non era il caso di correggere Amanda...
“E Karl?” domandò Tina.
“Nessuna traccia. Chi se ne importa? Che si marcisca dov'è che stia! Per me è morto. Ma ero venuta per darvi una buona notizia: mi sposo!”
“Bisogna brindare!” disse lui, e tirò fuori dal frigorifero la bottiglia di Don Perignon
che teneva conservata per il loro anniversario di nozze, che sarebbe stato tra pochi giorni.
“Volevo chiedervi un favore: vorreste fare da testimoni alle mie nozze? Tu come testimonio di Ugo, Tina come testimone mia. ”
Accettarono con entusiasmo.
Fu una cerimonia semplice, in municipio. Amanda con un attillato vestito lungo, rosso, senza spalline, e tra le mani un mazzo di piccole rose rosa, Ugo con un rigoroso dinner-jack, uno smoking con la giacca bianca, emozionatissimi tutti e due.
Dopo la cerimonia, pranzo in un buon ristorante del centro, con rose rosa al centro della tavola. Poi, via per un breve viaggio di nozze.
“Dove andate?”, chiese Tina.
“Ahahaha!” rise Amanda “Non si dice!”
Partirono in taxi, radianti, con i due piccoli vestiti di gala.
Dal loro ritorno dal viaggio di nozze, cominciarono a vedersi con una certa frequenza il fine di settimana, una volta a casa di Amanda a Milano, una a casa sua a Sesto.
Erano serate piacevoli. Seduti in poltrona, lui ed Ugo con un buon whisky con ghiaccio, le signore con un gintonic, mentre Fritz e Luca giocavano con le macchinine ed il piccolo, a quattro gambe per terra, cercava di unirsi al gioco.
Amanda raccontava del suo Brasile, del carnevale di Rio, la spiaggia di Ipanema, ma anche della vita nella favela, di come ragazzine di quindici, quattordici e tredici anni si vendevano agli stranieri per portar a casa qualche soldo, di come lei fosse riuscita a scappare da quel degrado grazie a Karl, che l'aveva conosciuta nel bar dove, ai suoi diciotto anni, aveva trovato un lavoro. Oppure erano lui e Tina che ricordavano con Ugo la bellezza della costiera tirrenica ed i verdi boschi della Sila di quella Calabria dove anni addietro avevano vissuto
Con Ugo, Amanda era tornata ad essere quella di sempre: allegra, sorridente, chiacchierina e piena di vita.
Ma una nube nera si approssimava sulla testa di Amanda. Dopo “Mio Karl”, anche Ugo se ne sarebbe andato...Un tragico incidente di moto se lo sarebbe portato via.
Amanda rimase di nuovo sola, e questa volta per sempre.
Nessun commento:
Posta un commento